È fuori dubbio che questa pandemia abbia fortemente ridimensionato quel processo di globalizzazione che, fino a poco tempo fa, sembrava inarrestabile. È altrettanto vero, però, che questo fermo forzato ha notevolmente favorito l’e-commerce, aprendo ad un’utenza sempre più vasta questo settore destinato a ricoprire, nei prossimi anni, spazi sempre maggiori. Questa potrebbe essere la sintesi del nuovo scenario mondiale che, in questo enorme contenitore, ha assorbito anche lo sport, compreso il calcio.
In realtà il fenomeno è già abbastanza esteso a livello mondiale tanto che si sta ragionando seriamente, a livello di Comitato Olimpico Internazionale, sulla possibilità di vedere competizioni eSports come evento da medaglia per i Giochi Olimpici di Parigi del 2024. Può sembrare fantascienza ma non lo è, tanto che la stessa UEFA ha organizzato, proprio quest’anno eEuro2020 Nations Cup, un Campionato europeo di calcio eSports che doveva viaggiare in parallelo al Campionato europeo di calcio, uno virtuale e uno reale.
Poi, fuori da ogni previsione, mentre quello fisico non si è disputato, quello virtuale non solo è andato avanti ma ha laureato Campione d’Europa l’Italia, che ha battuto in finale la Serbia. Questo obbliga, da oggi in poi, almeno noi italiani a guardare con minore diffidenza questo sport, e uso volutamente questa espressione mutuandola da quello fisico, perché dietro a un giocatore di eSports, oltre che all’abilità tecnica nel manovrare la console, esiste un vero e proprio staff, fatto di preparatori atletici, coach, mental coach, tattici. Non sottovaluterei questo risultato a cui va data la giusta importanza. Fonti Eurispes calcolano che il valore internazionale degli eSports è pari a 1.5 miliardi di dollari, la cui maggioranza frutta proprio nel campo delle sponsorizzazioni.
Chiaramente non parliamo solo di calcio ma in ogni caso le potenzialità sono enormi, tanto che tutti i principali club di serie A, con esclusione di Napoli e Brescia, parteciperanno al campionato eSerie A e molti grandi campioni come De Rossi, Totti, Florenzi, Piquet, Gullit, Bale per citarne alcuni, hanno investito in club di eSports. È chiaro che la vittoria europea della eNazionale – che, attenzione, fa parte delle squadre nazionali della Federazione Italiana Giuoco Calcio – arriva al momento giusto, in un periodo in cui, gioco forza, l’attenzione e la sensibilità sui giochi elettronici, diventata come unica forma di intrattenimento, è molto alta, per cui potrebbe costituire una chiave di lettura interessante per stimolare maggiore interesse sul settore.
Tra l’altro, non solo i grandi club si sono avvicinati agli eSports, ma abbiamo numerosi esempi di squadre dilettantistiche che si sono già attrezzate, come una delle società storiche romane, la Romulea. Nell’era digitale, dunque, dove nessuno sfugge alla dipendenza tecnologica, lo sport ha trovato un suo spazio cavalcando di buon grado la rivoluzione elettronica. Attenzione, però, perché il fenomeno deve essere normato, in quanto potrebbe esserci una diversa chiave di lettura.
Mi spiego. Oggi la gestione di una squadra “top” di calcio, parlo di una reale, costa diverse centinaia di milioni di euro che vengono coperti con diritti televisivi, sponsor e incassi. Più la squadra è visibile e più lo sponsor paga ed oggi i costi hanno raggiunto cifre astronomiche limitando l’accesso solo alle grandi aziende. Ora mi chiedo cosa succederebbe se l’interesse degli sponsor si spostasse all’improvviso sui grandi campionati eSports? Non va dimenticato che un match virtuale, a differenza di uno reale, potrebbe essere in grado – se già non lo è – di garantire una platea di spettatori, non virtuali ma fisici e televisivi, molto più ampia di uno stadio.
Per cui, l’equazione maggiore visibilità minore costo di sponsorizzazione potrebbe trovare terreno fertile nelle future strategie di marketing delle grandi aziende. Anche perché – cosa che di fatto sta già succedendo – prima o poi nascerà l’esigenza di costruire degli “stadi” per ospitare il pubblico degli eSports che stimoleranno la creazione di reti televisive che dedicheranno la maggior parte dei loro palinsesti ai campionati virtuali. E uno dei punti di forza potrebbe essere quello di andare ad intercettare un pubblico molto giovane che poi è quello che gioca in modo interattivo tra loro, delineando per gli sponsor un target di grande interesse.
Lo stesso va detto per l’editoria. Magari è fantacalcio, ma cosa succederebbe di fronte a questo scenario in cui, tra l’altro, si assisterebbe a gare con un maggiore equilibrio in campo, dove a vincere non potrebbe essere necessariamente la Juventus o il Barcellona, ma anche un piccola squadra di provincia? È solo questione di tempo e la pandemia che stiamo vivendo ha creato le basi per la loro diffusione stimolandone la crescita.
MAURO GRIMALDI
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.