Il Lupo e la Strega, due che di solito nelle favole mettono paura. In questa favola però “Lonewolf92” e la “Brujita” sono i due eroi positivi. Il primo, Mattia Guarracino, incantato dalle gesta Juan Sebastian Veron, ha “rubato” dal campione argentino un grande talento, ovvero quello di saper immaginare e creare qualcosa di straordinario prima degli altri. Saper giocare d’anticipo è fondamentale nella carriera di un calciatore come in quella di un gamer e l’asso della Sampdoria eSports da sempre ha saputo muoversi prima degli altri.
Lo ha fatto quando dalla sua cameretta ha capito che la sua passione per FIFA poteva diventare qualcosa di più importante e quando, dopo aver vinto più volte i campionati italiani, ha intuito che un semplice gamer avrebbe potuto indossare la maglia di una squadra della Serie A nella sua versione virtuale. Sempre in anticipo rispetto a tutti sono arrivati il canale YouTube, la Esport Academy e tanto altro. In questa intervista a “Lonewolf92” esportitalia.com ha messo in panchina il dono della sintesi per concedersi uno storytelling più corposo.
Nonostante la giovane età sei già un veterano del mondo eSports. Come è cambiato il settore in questi anni e quali sono i prossimi step che suggerisci?
Io ho iniziato nel 2006. Nei primi anni fino al 2013 c’è stato un elevato movimento eSports in Italia, con tanti eventi dal vivo, in fiere e in tornei nazionali. C’erano ad esempio eventi italiani che ti permettevano di poterti qualificare a manifestazioni internazionali come il World Cyber Games. Penso alle competizioni di FIFA, che ti permettevano di girare l’Italia e di rappresentarla alle Olimpiadi dei videogiochi. Il passo in avanti che è stato fatto riguarda la professionalità che è stata raggiunta nella struttura dei team anche dal punto di vista legale. La direzione è quella giusta per il riconoscimento degli eSports alla pari delle altre discipline. C’è stato solo un blocco dei tornei tra il 2015 e il 2017, che forse è servito per la riorganizzazione di tutto il sistema.
A 28 anni penso tu abbia preso una direzione ben precisa: il mondo del gaming sarà la tua professione, anche se non solo grazie alle tue abilità nel gioco….
Devo dire che il mio approccio è cambiato molto da quando ho iniziato. Dieci anni fa ovviamente vivevo tutto con meno problemi, se non quello della scuola. Avevo più tempo libero e mi godevo il gaming con maggiore spensieratezza. Tutto quello che ho fatto prima fa parte però di un percorso che mi ha portato ad essere la persona che sono oggi. Ho vinto molto e i miei interessi a un certo punto della mia vita sono virati verso altre direzioni, ho cercato di crearmi una competenza che non fosse limitata al lato giocatore. Come gamer penso di poter assolutamente dire ancora la mia, la fame di vittorie è ancora tanta, ma già a 18-20 anni avevo ben chiaro che ad un certo punto nella mia vita avrei dovuto cercare una soluzione diversa. Credo sia impossibile pensare di essere un gamer per tutta la vita. Quindi, gioco ancora, ma un po’ alla volta mi ha conquistato anche ciò che c’è “dietro le quinte” di questo settore. Il mio progetto con la Esport Academy nasce proprio da questo mio desiderio di crescere professionalmente.
Hai rappresentato l’Italia alle Olimpiadi dei videogiochi. Che emozioni hai provato?
Nonostante non fosse una competizione organizzata dal Comitato Olimpico Internazionale il clima era quello di una vera Olimpiade. Il fatto di poter rappresentare la propria nazione è stato un onore, e l’Italia ha preso sul serio la cosa con 10 giocatori per le varie discipline come Fifa e League of Legends.
Il CIO però ha strizzato l’occhio più di una volta agli eSports…
Sì, se ne parla da un paio di anni. E’ normale che un’organizzazione così sia affascinata da questo mondo con un target così giovane. Per quanto mi riguarda posso dire che c’è una vera competizione dietro il mondo eSports, con una preparazione tecnica e tattica che è fondamentale per il successo. Senza dubbio rispetto alla maggioranza degli sport tradizionali manca la parte atletica.
Forse però la preparazione fisica aiuta le perfomance di un gamer?
Certo. La gestione dello stress non è facile quando i tornei durano svariate ore. Avere una buona preparazione fisica è quindi importante, ma è evidente che non è l’asset principale dell’attività di un gamer.
Quali potrebbero essere i prossimi step per far conoscere meglio il mondo eSports in Italia?
Se parliamo di FIFA molto dipende dalla eSerie A. E’ necessario capire quali risultati porterà il torneo a livello di numeri, interesse e sponsorizzazioni. Se tutto andrà bene il settore potrà avere sviluppi notevoli. Penso alle academy per ogni squadra, un po’ come se fossero la Primavera di un club calcistico. Le squadre però non dovranno limitarsi a partecipare, ma dovranno anche contribuire all’immagine dei giocatori. Oggi manca ad esempio lo storytelling dei personaggi. Spesso un tifoso di calcio si avvicina al mondo eSports perché segue la propria squadra, vede la maglia e si appassiona, ma di rado conosce il gamer. Per far crescere il movimento sarà quindi fondamentale presentare i personaggi che partecipano ai tornei. Far vedere una partita non basta: è necessario raccontare tutto quello che c’è dietro. Ripeto, ci deve essere lo storytelling. Perché un ragazzo diventa gamer? Qual è stato il suo percorso? Sono tasselli fondamentali.
I social possono essere fondamentali?
Devo ammettere che li seguivo più qualche anno fa. Sono stato il primo gamer professionista italiano ad aprire un canale YouTube e a dare consigli a chi mi seguiva. Però è fondamentale che un gamer abbia i social seguiti e che dedichi attenzioni particolare alla propria fan base. I social quindi possono aiutare, ma per raggiungere tutte le fasce di età questo non basta.
Ormai è chiara la volontà della FIGC di voler collaborare con il mondo eSports. Tu cosa consiglieresti ai vertici della Federazione?
Consiglio di cercare di collaborare con le persone più esperte all’interno del settore. Quindi di affidarsi a gamer e coach che negli anni ha dato tanto al movimento.
Raccontaci dunque qualcosa di te. Hai una bacheca molto ricca. Quale è stata la vittoria più importante della tua carriera?
Al di là dei sei campionati italiani e dei risultati ottenuti anche in Europa, la più grande soddisfazione è arrivata con il terzo posto alle Olimpiadi dei videogiochi in Corea del Sud. Mi sono messo in gioco con i campioni internazionali in una location pazzesca piena di tifosi e la medaglia sul palco è stata una grande emozione. Peraltro avrei anche potuto vincere. Ricordo che la Germania si presentò con tre giocatori, io ero l’unico italiano. In semifinale sfidai Kai “Deto” Wollin, un giocatore con una carriera pazzesca. Nel BO3, al tempo c’era questa formula, persi due partite per 1-0 con tante occasioni fallite e ne vinsi una per 5-0. Quella sfida è stata il grande rammarico della mia vita, anche perché poi dominai la finale per il terzo posto. Però è anche vero che alla vigilia della competizione non mi aspettavo un risultato così, visto il livello degli avversari.
Che emozioni provi nei grandi eventi live? E’ più difficile giocare?
Nei grandi eventi mi trovo meglio. Rispetto al classico gamer, che tendenzialmente preferisce la comfort zone, gioco meglio davanti al pubblico che a casa. Del resto i migliori risultati li ho ottenuti live. L’emozione non manca, ma riesco a restare motivato e concentrato al punto giusto.
Arriveranno anche in Italia i grandi eventi live?
Due anni fa sono stato a Lisbona ad un evento con varie squadre, e vari titoli di gioco. Una specie di Milano Games Week ma con settemila tifosi paganti solo per vedere gli eventi eSports. In tutto ciò, va sottolineato che il Portogallo non è un paese particolarmente attivo nel settore. Non credo che stiamo parlando di qualcosa di utopico, ma servono gli investimenti dei grandi brand.
La base della piramide, quindi il pubblico, c’è già…
Credo che con la eSerie A ci saranno le prime risposte. La struttura c’è, le squadre anche. Senza dubbio i canali YouTube dei gamer sono interessanti. La mia idea è che poi il calcio farà da traino anche per gli altri giochi. Non è un caso se con la Esport Academy abbiamo puntato forte sul calcio: nei centri commerciali il papà si ferma con il proprio bambino a giocare la partita di FIFA, cosa che succede di rado con altri titoli come LOL. Credo quindi che sarà decisiva l’organizzazione della prima eSerie A e come il campionato sarà presentato al grande pubblico, anche su Sky.
Tra gli addetti ai lavori è circolata l’idea di una eSerie A giocata in parallelo con il calendario del campionato italiano di calcio. Che ne pensi?
E’ un discorso interessante ma difficile da applicare live, almeno per ora. Il videogiocatore dovrebbe diventare quasi un membro della squadra, seguirla e di fatto diventare un costo in più. Un campionato parallelo ma online sarebbe fattibile invece già da ora. Credo sia necessario portare avanti la giusta via di mezzo: il vero spettacolo e la competizione devono essere live, sfruttando magari quando serve anche la parte online.
Per quanto riguarda la tua esperienza, raccontaci come è nata la Esports Academy,. Quando avete cominciato siete andanti alla scoperta di un terreno del tutto nuovo in Italia…
Siamo partiti nel 2017, più o meno un anno e mezzo prima rispetto a tutto gli altri competitor. L’obiettivo era creare un’organizzazione che operasse in maniera verticale nel mondo eSports: dalla consulenza e gestione dei team, alla cura dei social, passando per la gestione dei tornei online e dal vivo. Lavoriamo molto per cercare sempre nuovi talenti attraverso il lavoro di scouting e coaching. Il fatto che altre realtà abbiano deciso di seguirci è la conferma che abbiamo lanciato un progetto vincente. La differenza sta tutta nell’esperienza che abbiamo maturato in questo settore: per quanto mi riguarda anni da gamer mi danno ora la competenza di capire cosa vuole un giocatore, ma anche di comprendere le necessità degli organizzatori e dei team.
La vera svolta qual è stata?
E’ stata l’intuizione di legare anche dal punto di vista operativo il mondo eSports al calcio reale. Quindi, l’interesse del presidente della Sampdoria Massimo Ferrero è stata la grande occasione per creare il primo team eSports in Italia.
Come è nata questa collaborazione?
Tutto è partito da una serie di eventi che abbiamo cominciato ad organizzare nelle sale cinema del Gruppo Ferrero. Questa è stata l’occasione di far vedere questo progetto al presidente della Samp e al pubblico. Ricordo che in Europa era appena stato presentato il primo team, quello del Wolfsburg, ed è ovvio che senza uno storico sarebbe stato necessario molto tempo per porre le basi di un progetto serio. Da giungo 2016 fino a gennaio 2017 è stato quindi portato avanti un lungo lavoro che ovviamente ha coinvolto molto anche la società blucerchiata. Sapevamo che lanciarci in questo settore sarebbe una scommessa, ma l’abbiamo vinta. Tutte le squadre di calcio si sono avvinate al mondo eSports, dando vita ad un mercato non indifferente.
Anche grazie a voi quindi il gamer non è più visto solo come un nerd…
Quella del gamer può essere una professione e questo ha rivoluzionato la mentalità di tutti. Fin dall’inizio ho sognato di poter rappresentare un squadra di calcio e, prima con le vittorie nei campionati italiani e poi con l’accordo tra Samp ed Esport Academy, tutto questo è diventato realtà. Spesso anche noi non ci rendiamo conto di aver creato qualcosa di straordinario. Il primo passo è stato quello di ospitare in casa Samp gli altri team eSports come quello dell’Ajax, poi abbiamo deciso di mettere in contatto il calcio giocato e FIFA facendo organizzando match tra i gamer e alcuni calciatori come Cigarini, Bruno Fernandes e Muriel. L’idea di “mischiare le carte” ha funzionato anche sui canali YouTube, quello mio e quello della Samp, con sfide, interviste e clip che hanno creato grande riscontro.
Come è andata l’avventura con Sky? Il passaggio su un media così importante può rappresentare un step decisivo per il settore eSports?
Io avevo già alle spalle le telecronache di tornei internazionali, oltre a qualche evento con la Sampdoria eSports, come uno allo stadio del Levante con altri top club europei. Poi come Esport Academy abbiamo organizzato questa serie di eventi per Sky e devo dire che sono stati talmente popolari che abbiamo dovuto limitare a 4096 gli iscritti per fare in modo che la competizione fosse comunque giocabile. Ho trovato molte motivazioni anche gestendo la parte contenuti per un media così importante. Nessuno lo aveva fatto prima e questo è stato motivo di orgoglio per la Esport Academy: credo che tutto questo abbia dato il via alla fase 2.0 per tutto il mondo eSports. Siamo entrati nel mainstream e lo abbiamo fatto ottenendo un ottimo riscontro sia da parte di Sky sia da parte del pubblico.
Quali obiettivi ti sei già fissato a livello individuale e con la Esports Academy?
Vogliamo dare il miglior contributo alle squadre e agevolarle al massimo nel percorso eSports, sia nella comunicazione, utile alle sponsorizzazioni, sia nei i risultati. Vogliamo poi lavorare ancora molto sulla piattaforma per portare sempre più talenti e organizzare nuovi coaching. L’obiettivo e far conoscere i grandi campioni e creare aggregazione tra i videogiocatori.
Come coach quali sono le tappe fondamentali per la crescita di un gamer?
Un giocatore non parte da zero, visto che ormai tutti giocano la Weekend League. Nonostante ciò un coach può intervenire in tanti modi. Uno degli aspetti che andiamo a curare nella Academy è l’approccio alle partite di un ragazzo, le eventuali carenze nelle skills e nella gestione delle emozioni. L’obiettivo è quello di formare un gamer fino al punto di metterlo nelle condizioni ideali per entrare a far parte di un team. In tal senso è utile anche capire come un gamer si muove nei social: si tratta quindi di una formazione a 360°.
Svelaci qualcosa della tua tattica di gioco. Quali sono i giocatori fondamentali nella tua formazione?
Cambiano ogni anno ovviamente. Per quanto riguarda FIFA 20 non riesco a rinunciare a Frenkie de Jong. Prediligo poi un gioco largo con il 4-2-3-1, o il 4-4-2, con due punte vicine (o in orizzontale o in verticale) per gestire il gioco e trovare gli spazi con calma.
C’è un giocatore della Samp (attuale o storico) che consiglieresti di mettere in rosa ad un tuo allievo?
In campo, per classe e eleganza, mi faceva impazzire Veron, ma Gullit per FIFA è una garanzia. Nella Samp attuale forse la scelta è troppo facile a favore di Quagliarella, uno dei più grandi attaccanti italiani degli ultimi dieci anni.
La Samp ovviamente è tra le squadre favorite nella eSerie A. Quali sono gli avversari che credi abbiano maggiore chance di puntare al titolo?
Se partecipo punto sempre alla vittoria, come tutti i gamer. Devo dire però che la eSerie A l’ho cercata per tanti anni e ci tengo tanto a impormi. Non saprei dire quale avversario temo di più, anche per il fatto che sarà giocata su FIFA 21 e che cambierà molto la giocabilità. Di sicuro non si può sottovalutare nessuno visto che il livello medio è molto alto.
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